A Christmas Carol. In prosa, ossia, una storia di spettri sul Natale
"A Christmas Carol. In prosa, ossia, una storia di spettri sul Natale" di Charles Dickens è un classico che avevo già letto anche moltissimi anni fa. Nel leggere libri di autori stranieri in lingua italiana si perde sempre qualcosa, perché i giochi di parole, l'ironia linguistica ed altre peculiarità potrebbero essere tralasciati.
Una menzione particolare va data anche all'elegante copertina, che nella sua semplicità riesce ad apparire del tutto appropriata ad un'edizione di un classico così importante.
Ma parliamo proprio del romanzo e di ciò che ci racconta. È la storia della redenzione di un uomo avido e scontroso che avviene nel periodo natalizio lì dove tutti, si sa, sono un po' più buoni.
Sono le pesanti catene che porta il suo amico, a far riflettere Scrooge per la prima volta e la paura comincia a far breccia nella sua anima.
«Sono figli dell'Uomo» disse lo Spirito, guardandoli dall'alto in basso. «Ed essi si aggrappano a me, perché li difenda dai loro padri. Questo bambino è l'Ignoranza. Questa bambina è la Miseria. Guardati da entrambi, e da tutta la loro specie, ma più di tutti guardati da questo bambino, perché sulla fronte vedo quella scritta che è il Fato, a meno che la scrittura non sia cancellata. Rinnegala!»
Scrooge osserva impaurito e scosso la sua vita passata, poi assiste al presente, a come tutti coloro che hanno a che fare con lui ridono di lui o, in cuor loro, lo odiano. Cinismo e arroganza sono stati il pane quotidiano di Scrooge per molti anni, ma, nel momento in cui viene trascinato fuori dalla sua routine, torna dentro di sé una scintilla vitale.
Sono molto interessanti i punti in cui i vari spettri ricordano con semplicità le parole crudeli di Scrooge, nei momenti in cui lui si sente in empatia verso i poveri e coloro a cui non ha mai prestato attenzione.
«No, no» disse Scrooge. «Oh no, Spirito gentile! ditemi che verrà risparmiato».
«[...]E con ciò? Se deve morire, che muoia in fretta, e faccia diminuire la popolazione in eccesso».
Nonostante questa sia una storia di redenzione, di come un uomo riesce a capire i propri errori ed a cambiare la propria vita, per me è una storia di paura ed egoismo.
È infatti dopo aver visto la crudeltà con cui viene trattato dopo la morte, il modo in cui nessuno si cura di lui o dei suoi averi, che Scrooge decide di cambiare. Sono i sensi di colpa ad agire sul suo cuore, non una bontà rinata, ma, nonostante ciò, è una storia che fa riflettere sul potere delle nostre azioni nella vita di molte più persone di quante immaginiamo.
Un esempio eclatante, infatti, è la vita di Tiny Tim, altrimenti prossima alla fine, che viene salvata proprio dalla rifiorita bontà di Scrooge.
Ma questo romanzo è anche una denuncia alla crudeltà dell'epoca vittoriana, alla condizione terribile in cui si trovavano le Workhouses, nelle quali Dickens stesso si trovò a vivere durante l'infanzia, ed a come gli uomini benestanti non si curassero di nulla fuorché delle loro presunte buone azioni.
Scrooge stesso ne è un esempio, infatti ripone fiducia nelle istituzioni, lì dove il problema non lo tange personalmente.
«Non ci sono le prigioni?»
"A Christmas Carol. In prosa, ossia, una storia di spettri sul Natale" è dunque un romanzo importante, ricco di significati nascosti dietro una storia natalizia davvero ben congegnata.
Voi, lettori, vi siete mai trovati sulla strada di questo romanzo? Cosa ne pensate? Vi è mai capitato di compiere qualcuno degli errori di Scrooge?
Buon Natale a tutti dal Caffè Netterario!