"La grande Zelda" di Pier Luigi Razzano è un romanzo da cui mi aspettavo molto di più
Partiamo dal presupposto principale: come sapete io amo profondamente la storia e le opere di Zelda e Scott Fitzgerald. Ho letto tutte le biografie che ho trovato in giro e anche la maggior parte delle opere citate nelle bibliografie delle biografie. (Sì, uno scioglilingua che non ho voluto evitare)
Quindi devo dire la verità, sono molto indecisa su come valutare questo romanzo. Mi aspettavo qualcosa di diverso, sono un po' delusa da come Pier Luigi Razzano ha deciso di concludere questa storia vorticosa.
Ma partiamo dall'inizio. La domanda che mi sono posta per tutta la lettura è: stiamo idealizzando una relazione tossica o Razzano ha portato all'estremo la storia di Zelda e Scott?
Dopo aver letto diversi libri su di loro e anche la raccolta di lettere pubblicate in "Caro Scott, Carissima Zelda" di cui mi ero innamorata, in questo romanzo ho trovato personaggi diversi da quelli che avevo immaginato.
Zelda e Scott sono due persone che si influenzano negativamente a vicenda, ma hanno ascendente l'uno sull'altro, una sorta di dipendenza affettiva, che fa da collante fra tradimenti, rabbia, ubriachezza e scene di follia.
Il romanzo si apre nel 1930, Zelda è in una clinica e da lì, stordita e disorientata, comincia a raccontare alla sua infermiera sprazzi del suo passato, della sua gioventù.
Pagina dopo pagina si torna indietro nel passato di Zelda - dal 1920 al 1925 - e si viene trascinati in un vortice di musica, alcol, feste e pensieri sregolati. Non so quanto ci sia di vero e di Zelda in questo romanzo, quanti pensieri siano realistici e quali siano usciti dalla fantasia di Razzano, ma ciò che viene fuori da questa lettura non è propriamente positivo.
Che Zelda fosse bloccata nella sua relazione con Scott, il quale aveva preso il sopravvento nella sua vita, è risaputo; ma era davvero così la vita dei Fitzgerald? L'amore può essere così oscuro?
Scott era davvero così opprimente, alcolizzato sin da subito e intransigente? Zelda era davvero così viziata, fastidiosamente egocentrica e a tratti indolente?
Dov'è la Grande Zelda di cui si parla nel titolo? Perché Razzano ha deciso di raccontarcela in questo modo così pungente?
Per tutta la lettura ho cercato un fine a questo racconto sregolato e infelice, ho aspettato un legame con il primo capitolo, che ci facesse capire cosa ha portato Zelda a essere ricoverata in quella clinica. Cosa è successo fra il 1925 e il 1930? Perché Zelda esplode?
La conclusione, però, non porta risposte, anzi mi ha lasciata insoddisfatta, come se al romanzo mancasse una parte. La più importante in realtà, la fine.
Il romanzo conta 414 pagine eppure quello che ho vissuto attraverso di esse è ben poco. Intere parti di sproloqui, una grande ridondanza di eventi e di pensieri che a volte fanno perdere il filo del discorso perché rallentano il ritmo frenetico che ci viene mostrato da Zelda.
Nonostante si potesse gestire meglio la narrazione, però, ho apprezzato come le parole sembrano realmente uscire dalla penna di Zelda. Frasi delle sue lettere, espressioni e vitalità tutte sue si ritrovano fra le pagine di questo romanzo ed è ciò che mi ha fatto apprezzare maggiormente la lettura.
Tutto sommato "La grande Zelda" è stato un romanzo gradevole, uno sguardo affilato su una coppia che continua a far parlare di sé, anche se ora che l'ho terminato non riesco a capire bene cosa mi abbia lasciato.
Un consiglio che do è quello di leggere (prima o dopo questo romanzo) anche "La morte della farfalla" e "Caro Scott, Carissima Zelda" per avere un panorama più esteso sulla vita di Zelda e Scott e -soprattutto- testimonianze reali e parole originali dei Fitzgerald.
E se vi servono consigli su come iniziare a documentarvi su di loro o su quali opere leggere per amare il grande Scott Fitzgerald... non vi resta che chiedere!
Vale - Il Caffè Netterario