"L'altra metà del mondo" di Gabrielle Zevin è un libro bizzarro

16.08.2018

GABRIELLE ZEVIN SCRIVE IN MODO SENZA DUBBIO ORIGINALE. "L'ALTRA METÀ DEL MONDO" È UN ROMANZO A DIR POCO BIZZARRO.

«Chi non ha ricordi li ricostruisce sulla carta»

Se in passato ho definito "La misura della felicità" un libro particolare, allora non posso fare a meno di descrivere "L'altra metà del mondo" come bizzarro.

È la parola che a parer mio racchiude meglio l'essenza di questo romanzo. Ancora una volta Gabrielle Zevin sorprende: leggere la trama di uno dei suoi romanzi fa pensare a tutt'altra storia, mentre invece, durante la lettura, si viene trascinati in un percorso arduo da seguire che si muove fra ricordi e invenzioni.
È senza dubbio la storia di un grande amore, di un uomo che vuole raccontare alla propria figlia la realtà del sentimento che lo legava alla moglie. Margaret Towne è una donna sfuggente, misteriosa e con molti volti. In parole semplici, è un essere umano e, come tale, ha crescite e cambiamenti nel corso della propria vita.

«La gente, a quanto pare, pensa che sia importante il modo in cui due persone si conoscono; per me, è decisamente più interessante il modo in cui si separano»

N. è il narratore di cui non conosciamo il nome e suddivide la sua conoscenza con Margaret in più fasi. Egli infatti si trova ad amare una donna che vede in tutte le sue forme: allegra bambina, scontrosa teenager, donna matura e vecchia saggia. Per spiegare questo alla figlia Jane, N. crea quasi una fiaba, tanto sono inverosimili gli eventi che accadono.

Egli si ritrova in una città chiamata Margarettowne popolata solo da donne che si rivelano essere in realtà tutte parte della stessa persona: Margaret.
C'è un pezzo molto bello in cui N. fa una digressione sul nome Margaret, sui suoi tanti differenti diminutivi, accezioni e variazioni linguistiche. Non esiste un modo univoco per chiamare Margaret, così come lei stessa non è unica ed uguale per tutta la vita. Lei è stata May, poi Mia, poi Maggie (che è colei di cui si innamora N.), poi Greta, poi sarà Marge e la Vecchia Margaret.

In un modo davvero fantasioso e bizzarro, dunque, si fa un viaggio nell'animo di Margaret Towne e si scopre come un amore, un amore vero, riesce a far amare ogni sfaccettatura della persona.

L'idea di fondo di questo romanzo è molto bella e "filosofica", ma, come già in "La misura della felicità" l'autrice non riesce a penetrare il cuore del lettore perché mantiene un certo distacco.

Gli eventi sono narrati da diversi punti di vista, non si capisce quali siano veri e quali inventati, il che non è negativo, solo che non vengono approfondite in modo opportuno le emozioni provate. 
Lo stile è troppo diretto, poco ricercato, si potrebbe definire risoluto. Tutti gli eventi narrati sono dati come verità, appartengono al passato e sono troppo precipitosi. Non c'è attesa, non c'è il tempo di essere coinvolti dalla storia, ma non per questo non viene meno la necessità di continuare a leggere per capire il senso del romanzo.

In definitiva "L'altra metà del mondo" è una storia che fa riflettere, una volta compresa appieno, ma non ha un grande coinvolgimento emotivo. Probabilmente questa è una caratteristica dell'autrice, perché anche ne "La misura della felicità" si prova la stessa sensazione alla fine della lettura.

Nonostante sia un buon romanzo, sarebbe potuto essere impostato in modo differente, accortezza che l'avrebbe reso più profondo ed avrebbe soddisfatto maggiormente il lettore.
La forza di questo libro è data dagli eventi bizzarri, che lo rendono originale e degno di nota, senza di essi, infatti, il romanzo si perde completamente.

E voi, conoscevate questo romanzo?

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