Ho comprato "The Hate U Give" di Angie Thomas dopo averlo visto per mesi in bella mostra in tutte le librerie e dopo aver letto un sacco di recensioni su molti blog.
Lo stile narrativo è scorrevole e le pagine si leggono praticamente da sole per come la storia è presentata.
È difficile però parlare di questo romanzo, proprio per la storia che racconta, perché si potrebbe rischiare di cadere nell'ipocrisia. Dopo aver letto un libro così intenso e ben scritto, ovviamente bruciamo di rabbia nei confronti delle ingiustizie palesemente razziste che vengono descritte.
Ma poi, nella vita reale, come siamo? Non c'è forse una parte nascosta di ognuno di noi che purtroppo ci fa fare, anche solo per un istante, dei pensieri di quel tipo?
A questo punto c'è da farsi una domanda: parlare del romanzo e trattarlo semplicemente come tale oppure denunciare insieme a Starr ciò che subiscono alcune persone? In entrambi i casi si ricadrebbe nell'ipocrisia: sono solo parole scritte, che per molti potrebbero non essere altro, sono degli scudi dietro il quale ci ripariamo.
«A volte si fa tutto nel modo giusto e va male lo stesso. L'importante è non smettere mai di fare la cosa giusta.»
E in questo caso la storia di Starr è una grande ingiustizia. Perché una ragazzina dovrebbe aver visto la morte di due coetanei senza motivo? Ma, soprattutto, perché un uomo dovrebbe avere il diritto di togliere la vita ad un altro senza subirne le conseguenze?
Alla base di tutto, a mio parere, c'è la paura. Paura che ha di Starr e Khalil il poliziotto, ma anche il contrario. Insomma, paura del diverso da ciò che siamo.
Ma perché avere paura, cosa ci porta a queste reazioni? La cultura? La nostra storia? Qualcosa ci conduce per forza ad avere queste reazioni, però la domanda è più semplice: perché cercare di giustificare un omicidio?
Questa è la denuncia principale del romanzo, quella che Starr imparerà a gridare a gran voce: giustizia per le uccisioni di innocenti. Una giustizia che non abbia alcun colore, una giustizia che sia equilibrata. È così difficile ottenerla, nonostante le continue lotte e i cambiamenti ottenuti nel passato?
A mio parere quello che serve per vivere in una società civile sono educazione, rispetto per il prossimo, una cultura con la voglia di essere ampliata e un lavoro: non deve essere il colore della pelle a creare una scala sociale.
Può essere l'ignoranza una delle cause che rendono possibili ingiustizie di questo tipo, in grado di dilagare fra le masse e far innestare nelle persone un sentimento razzista?
Tutti i problemi sono reali solo quando noi li rendiamo tali: vedere differenze e muri fa sì che esistano davvero.
«Mi ha tenuta sotto tiro finché non sono arrivati. Come se fossi pericolosa. Ma non ero io ad avere la pistola in mano»
Proprio oggi ho assistito ad una scena che mi ha lasciata molto perplessa. Alla stazione dell'autobus dei poliziotti hanno fatto scendere un uomo di colore che era salito sul mezzo con due zaini. Non erano zaini vistosi o ingombranti, e l'uomo aveva un aspetto ordinario.
Nonostante abbia subito mostrato ai poliziotti, che nel frattempo sono aumentati di numero, il biglietto timbrato dell'autobus e aperto gli zaini contenenti dei vestiti, gli sono stati egualmente svuotati gli zaini. Ovviamente la situazione può essere vista in buona fede, magari per qualche motivo i poliziotti avevano dei sospetti fondati su quell'uomo, ma è stata la loro espressione dura e il loro atteggiamento poco cortese a colpirmi. Avrebbero agito in quel modo anche se l'uomo non fosse stato di colore?
Non sono sicura, però, di ciò che avrei pensato io pochi giorni fa assistendo a questa scena, senza aver letto il libro. Potrebbe essere in qualche modo "colpa" del romanzo il fatto che io abbia reagito in questo modo?
Un po' di tempo fa mentre stavo leggendo "La vita in un giorno" di Mitch Albom per un certo periodo ho avuto una spinta interiore che mi faceva sentire in pace col mondo e addirittura sorridere ai passanti. Quella è stata un'emozione riflessa dovuta al romanzo forte di significato ed emozioni, è possibile quindi che la reazione alla scena di oggi sia dovuta solo alla recente lettura.
In un altro momento avrei avuto pensieri diversi al riguardo? Mi avrebbe colpita altrettanto questo episodio?
Ed è esattamente questo che mi chiedo, ma che chiedo anche a tutti coloro che hanno letto "The Hate U Give". Trovandovi ad assistere a una notizia di cronaca come quella narrata nel romanzo, dopo aver visto i servizi televisivi di entrambe le parti, di chi avreste preso le difese? C'è differenza fra il "voi lettore" che prende le difese di Starr e Khalil, come viene spontaneo, e il "voi reale" che non conosce i protagonisti della vicenda?
Rispondete a voi stessi con sincerità prima di schierarvi, perché il primo passo per superare i problemi è essere onesti col proprio io.
Siete d'accordo? Se non l'avete ancora fatto vi consiglio vivamente di leggere questo romanzo profondo e istruttivo.
Vale - Il Caffè Netterario